L'AMORE CHE NUTRE LA VITA, il Vangelo a piedi: Don GIUSTINO RUSSOLILLO - di PAOLO GRECO - Edizioni San Lorenzo
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L'AMORE CHE NUTRE LA VITA, il Vangelo a piedi: Don GIUSTINO RUSSOLILLO

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Autore: PAOLO GRECO

Titolo: L’AMORE CHE 

NUTRE LA VITA.

IL VANGELO A PIEDI: 

DON GIUSTINO RUSSOLILLO

Prefazione mons. José Ionilton Lisboa di Oliveira

Vescovo sul Rio delle Amazzoni


Postfazione: don Giuseppe Surace

 

l libro, accoglie l’invito di papa Francesco di fermare il “naufragio di civiltà” a cui stiamo assistendo e “ridestarci dalla dimenticanza di chi soffre” (Discorso a Lesbo, 5 dicembre 2021). L’autore presenta i passi del lieto annuncio, quello che fa la differenza e invita a fare i conti con sé stessi, praticato dal nuovo “Santo” della Chiesa, don Giustino Maria Russolillo (Canonizzazione il 15 maggio 2022). Un figlio della periferia occidentale partenopea, nato a Pianura di Napoli (1891-1954), terra ricca di frutti, tra le colline e il mare, di antica presenza cristiana. Don Giustino vive pienamente il suo tempo, contrassegnato dalla tragedia delle due guerre mondiali, dalla grande crisi economica degli anni trenta, la bonifica delle terre, dai nuovi sviluppi commerciali e industriali. Che tuttavia, per quanto garantiscono una migliore condizione di vita anche per le classi medio-basse, riflettono una situazione precaria per tanta parte delle masse contadine e operaie, e i loro figli. Il “santo prete”, come veniva chiamato dai suoi concittadini, non ha mai trascurato il prossimo, le famiglie, i giovani ed in particolare il povero. Nonostante risenta del contesto sociale e religioso del suo tempo, può essere annoverato tra gli operai del comandamento nuovo di Gesù, quello che il teologo tedesco Karl Rahner, ha definito essere l’“umanesimo radicale”, che trova nel Cristo crocifisso la forma più alta dell’amore, perché giunge a donare la vita per il prossimo, fino a dare la vita anche per i nemici (cfr. Saggi di Cristologia). Ciò che il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, ha descritto nei termini di “amore assoluto” e si rivela come “esperienza di bellezza” che si realizza nel Dio crocifisso, Colui che muore d’amore: dove la dimensione di gratuità costituisce l’unica difesa, la custodia e la cura della libertà dell’uomo fragile (cfr. Solo l’amore è credibile).

 

PAOLO GRECO è nato a Singen in Germania 1978, è sposato ed ha due bimbi, ha conseguito la Licenza in Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica di Assisi. Scrittore e insegnante di Religione Cattolica, è molto attivo nel sociale e impegnato nella pastorale universitaria. Collabora con la rivista di didattica e pedagogia Ermes Education, e il periodico di spiritualità cattolica Spiritus Domini. Tra le sue pubblicazioni: Dall’esilio all’esodo. La fede esposta all’incertezza dei tempi nuovi, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2015; Abitare la terra con lo sguardo di Dio. Don Giustino Russolillo: spiritualità e messaggio, Paoline, Milano 2017; Abitare le fragilità. L’ermeneutica esistenziale come risposta alla paura dei tempi, Elledici, Torino 2018; Lezione… di vita. Per una nuova stagione del mondo, Piccolo Carro, Torino 2020; Ricostruire. 21). 

don Giustino Russolillo - canonizzato Santo da Papa Francesco il 15 maggio 2022 -  nacque il 18 gennaio 1891, nella cittadina di Pianura, allora comune a sé, oggi grande quartiere di Napoli, tuttora in diocesi di Pozzuoli. Sperimentò in prima persona le difficoltà cui può andare incontro un giovane che desideri diventare prete, ma non ne ha i mezzi. Anche per questo motivo promise solennemente al Signore, proprio nel giorno della sua ordinazione sacerdotale, che avrebbe fondato un’opera per aiutare i giovani e i ragazzi in tal senso. Il 20 settembre 1920 prese possesso della parrocchia di San Giorgio Martire, che resse per trentacinque anni. Il 18 ottobre dello stesso anno diede vita alla Società Divine Vocazioni (o Padri Vocazionisti) con alcuni dei ragazzi più motivati che già l’avevano seguito. Il 2 ottobre 1921, invece, fu l’inizio delle Suore delle Divine Vocazioni (o Suore Vocazioniste), formate da alcune ragazze alle quali faceva da direttore spirituale. Ipotizzò anche un Istituto secolare femminile, sorto dopo la sua morte col nome di Apostole Vocazioniste della Santificazione Universale. Prolifico scrittore e predicatore, basò la sua spiritualità sulla divina unione dell’anima con la Santissima Trinità e sulla comune chiamata alla santità. Morì per una forma di leucemia il 2 agosto 1955. È stato beatificato il 7 maggio 2011, sotto il pontificato di papa Benedetto XVI. Il 27 ottobre 2020 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un secondo miracolo attribuito alla sua intercessione, aprendo la via alla sua canonizzazione. I suoi resti mortali sono esposti alla venerazione dei fedeli nella cripta della chiesa del Vocazionario “Deus Charitas” a Napoli, nel quartiere di Pianura. La sua memoria liturgica cade il 2 agosto, giorno anniversario della sua nascita al Cielo.

 

 

 

Una presentazione di un incontro con mons. José Ionilton Lisboa di Oliveira di don Paolo Cugini

Lunedì 11 giugno. Dopo Borba e una scappata a Manaus per uno scambio rapido nello zaino, in viaggio verso la prossima meta: Itacoatiara. Viaggio di cinque ore in pullman su una strada piene di buche. Abbiamo viaggiato assieme al Vescovo di Itacoatiara, arrivato a Manaus nel pomeriggio proveniente da un incontro. Mons José Ionilton Lisboa di Oliveira di 56 anni, Vocazionista, è vescovo da appena dieci mesi e proviene dalla Bahia, dalla diocesi di Serrinha, ben conosciuta dai sacerdoti di Reggio Emilia che hanno lavorato in Brasile perché confina con la diocesi di Ruy Barbosa.

Itacoatiara è una prelatura nata nel 1963. Attualmente conta con 13 parrocchie, di queste sette sono in città. Ci sono altre 5 città e, in ognuna di queste, c’è una parrocchia. Il territorio è di 60 mila Kmq con una popolazione di 200 mila abitanti, metà dei quali vivono in città.

Ci sono 8 preti della prelatura e 9 missionari (3 fidei donum e 6 religiosi). C’è un istituto del Messico (missionari di Guadalupe). Poi c’è un Istituto religioso di origine indiana. In diocesi è anche presente un monastero benedettino di clausura con 5 monache.

In città attuano anche due congregazioni religiose, una delle quali, era presente nella diocesi di Ruy Barbosa. C’è un diacono permanente imprestato da Manaus.

Attualmente i seminaristi sono 11: cinque sono nel propedeutico e vivono a Itacoatiara assieme al rettore e al Vescovo, mentre gli altri stanno studiando a Manaus. Ci è sembrato un aspetto positivo la vita comunitaria del vescovo con i seminaristi, che si trovano insieme durante la giornata per la preghiera e i pasti. La situazione della diocesi, perlomeno dal punto di vista del clero, è piuttosto positiva. Se, infatti, i seminaristi continuano nel loro percorso formativo, in pochi anni la diocesi diventerà autonoma e gestita totalmente dal clero locale.

 

Nel momento di dialogo che abbiamo avuto alla mattina con il vescovo Mons José Ionilton, ci diceva che la grande sfida che la diocesi si trova ad affrontare è l’uscita di un gruppo di religiosi da una parrocchia, per andare a servire proprio una delle diocesi che abbiamo visitato: Tabatinga. Nella prelatura, dovuta alla scarsità del clero, ci sono parrocchie molto grandi e per questo diviene difficile per un prete solo realizzare un servizio pastorale. Il desiderio è mettere due preti in ogni parrocchia. Anche a Itacoatiara, come a Borba, le comunità sul fiume ricevono la visita del prete una sola volta all’anno. Nella prelatura di Itacoatiara non ci sono popoli indigeni.

Il motivo per cui le comunità poste sul fiume sono visitate una sola volta all’anno è a causa del grande costo del viaggio. La diocesi non ha barche e quindi deve sempre pagare l’affitto. L’unica barca che possedeva è affondata lo scorso anno a causa di un incidente che, per fortuna, non ha avuto conseguenze negative per chi era presente. C’è anche l’aspetto delle distanze che sono molto grandi. Il vescovo dice che uno dei motivi delle visite così rare alle comunità è dovuto anche alla mancanza di pianificazione.

 

Esistono comunità molto grandi che potrebbero essere divise per formare altre parrocchie

Un’altra grande sfida che il vescovo José ci presenta è la formazione. Il Vescovo precedente, l’italiano Mons Carillo Gritti, per una serie di ragioni che sono difficili da spiegare, ha mantenuta la diocesi chiusa dal resto del cammino della Chiesa. Gli stessi seminaristi era lui stesso a formarli. Non permetteva alla diocesi di partecipare ai momenti forti del cammino della Chiesa brasiliana, come ad esempio la campagna della fraternità, che tutti gli anni viene realizzata durante la quaresima. Lui stesso come vescovo non partecipava agli incontri della CNBB (Conferenza episcopale brasiliana). In un contesto di grande povertà com’è quello della prelatura di Itacoatiara, non si sono sviluppate le pastorali sociali, anche perché parlare di poveri voleva dire, secondo il vescovo precedente, dare indicazioni politiche a favore del partito di sinistra. 

Non c’è ancora un lavoro formativo organizzato, anche perché il vescovo precedente non amava molto il lavoro di comunità, lasciando la gente molto dipendente dalla presenza del prete. Mons José sta cercando di strutturare dei percorsi formativi per i responsabili delle comunità anche se incontra molte difficoltà. Prima fra tutte, l’impossibilità di realizzare questi momenti formativi il fine settimana a causa dell’indisponibilità dei mezzi di comunicazione. Per questo motivo, stanno pensando di decentralizzare il lavoro formativo potandolo in alcune zone della prelatura.

Nell’Assemblea diocesana realizzata il mese scorso, sono state presentate cinque priorità:


  1. Liturgia
  2. Catechesi
  3. Decima
  4. Famiglia
  5. Missionarietà

E’ interessante la dinamica delle assemblee diocesane che avvengono in tutto il Brasile. La loro durata è di tre/quattro giorni e partecipano i laici più impegnati nelle comunità assieme ai preti, suore e religiosi con il Vescovo. Durante l’Assemblea si verifica il lavoro pastorale dell’anno e, ogni tre o quattro anni, vengono indicate le priorità da seguire. Interessante è che le priorità non le dà il vescovo, ma vengono decise insieme attraverso lavori di gruppo e discussioni in Assemblea. Mons José ci ha confidato il suo grande stupore per il fatto che tra le priorità della diocesi per i prossimi anni non era emersa l’attenzione ai poveri. “Alla fine dell’Assemblea ho preso la parola sottolineando il mio stupore per questa grave mancanza. Come si fa, in un contesto in cui la povertà della gente è così eclatante, non porre come priorità pastorale l’attenzione ai poveri?”. 

Nonostante ciò, il vescovo ha accettato la decisione dell’Assemblea: un modo chiaro per manifestare con i fatti il desiderio di camminare assieme al popolo.

 

Dopo l’incontro, visita alle sette parrocchie della città. Il numero delle parrocchie è veramente sproporzionato sia rispetto al territorio che al numero di abitanti. Ogni parrocchia della città ha la sua chiesa, la casa parrocchiale e alcune strutture. Anche qui come a Borba, abbiamo riscontrato il fenomeno di strutture costruite con i soldi provenienti da fuori – Italia – senza tener conto del cammino della Chiesa locale e del contesto. Su questo aspetto dovremmo interrogarci e riflettere per non compiere gli stessi errori. Mentre passavamo in macchina per i quartieri della città, era evidente l’assurdità di chiese costruite troppo vicine una dall’altra. Il Vescovo ci diceva che uno dei problemi attuali che sta affrontando è il fatto che i preti divenuti parroci delle parrocchie in città, non sono disposti ad assumere le parrocchie della campagna lungo il fiume. Sempre durante la visita alla città, Mons José ci ha mostrato i quartieri poveri nei quali vivono migliaia di persone in condizioni disastrose. Mentre passavamo per questi quartieri, veniva alla mente il disappunto del Vescovo sulle priorità indicate dall’Assemblea: come si fa a non porre come prioritaria l’attenzione ai poveri dinanzi ad un quadro come questo? Come si fa a non vedere e, soprattutto, a non ascoltare il grido di tanti poveri?

 

Nel pomeriggio abbiamo ripreso la strada per Manaus: cinque ore di buche. E poi tutti a dormire per essere pronti per l’ultima tappa che durerà alcuni giorni.