UN DIO DA RACCONTARE - Jean  Louis  Ska, Flavio  Dalla Vecchia, Ermenegildo Manicardi - Edizioni San Lorenzo
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UN DIO DA RACCONTARE - Jean Louis Ska, Flavio Dalla Vecchia, Ermenegildo Manicardi

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Un Dio da raccontare

Jean  Louis  Ska - Flavio  Dalla Vecchia - Ermenegildo Manicardi

presentazione di: Alberto Bigarelli

 

Si può raccontare Dio? La Bibbia lo fa ovunque; è questa raccolta di libri che noi abbiamo interpellata nelle conferenze che abbiamo proposte, sentendoci epigoni di una modalità consolidata, del tutto appropriata per entrare in un argomento così ricco. Sbirciando l’introduzione del volume di L. Zappella, Manuale di analisi narrativa biblica (Torino 2014), si trova che più del sessanta per cento della Bibbia è costituito da narrazioni. E che cos’è la Bibbia se non la grande narrazione di un’esperienza che diventa anche esperienza di una narrazione?

L’approccio narratologico applicato alla Bibbia non è più una novità. Soprattutto, non vuole essere il metodo, ma un metodo di analisi. In quanto tale, non può avanzare né diritti di esclusività, né pretese di esaustività. Si tratta di un approccio finalizzato essenzialmente a far risaltare l’inestricabile intreccio tra discorso narrativo e discorso teologico. Un approccio, cioè, che intende analizzare i testi biblici nella loro qualità “estetica”, mentre il metodo storico-critico li indaga nella loro evoluzione “genetica”. In passato, i due metodi sono stati contrapposti, ma il metodo storico-critico e l’analisi narrativa non possono percepirsi l’uno contro l’altro armati, ma l’uno con l’altro alleati. Narrando un’esperienza, si sperimenta la narrazione. Tale esperienza è anche straordinariamente l’incontro con Dio che crea una alterità: il mondo e l’essere umano. Si può allora affermare che la Bibbia è la narrazione di Dio nella storia mediante delle storie. Se narrare significa trasmettere un’esperienza che si gioca nella storia, l’esperienza di Dio non può che dirsi in termini storici e narrativi.

E. Wiesel ha pubblicato nel 1964 Le porte della foresta (tradotto in italiano nel 1989 da Longanesi di Milano e riproposto nel 2017 da Giuntina di Firenze) in cui racconta di Dio che creò l’uomo perché gli piacciono le storie e che, in fin dei conti, è sempre una storia a salvarci come esseri umani. Mi sembra significativo ricordare allora una nota storia chassidica che vale più di tante parole: «Quando il gran rabbi Israel Baal Shem-Tov avvertiva l’incombere di una qualche sciagura sul popolo ebreo, aveva l’abitudine di andare a riflettere in un punto della foresta; là, accendeva il fuoco, recitava una certa preghiera e il miracolo si compiva: la sciagura si allontanava. Più tardi, quando il suo discepolo, il famoso Magid di Mezeritsch doveva intercedere presso il cielo per le stesse ragioni, si recava nello stesso punto della foresta e diceva: “Signore dell’universo, porgi l’orecchio. Non so come accendere il fuoco, ma sono ancora capace di recitare la preghiera”. E il miracolo si compiva. Successivamente, anche il Rabbi Moshe-Leib di Sassov, per salvare il suo popolo, andava nella foresta e diceva: “Non so come accendere il fuoco, non conosco la preghiera, ma posso ancora rintracciare il luogo e questo dovrebbe bastare”. Infatti bastava. Anche in quel caso, il miracolo si compiva. Poi, toccò al Rabbi Israel di Ritzsin allontanare la minaccia. Seduto nella sua poltrona, si prendeva la testa fra le mani e diceva a Dio: “Non sono capace di accendere il fuoco, non conosco la preghiera, non sono neppure in grado di ritrovare il posto nella foresta. Tutto quello che so fare è raccontare questa storia. Dovrebbe bastare”. E bastava» (E. Wiesel, ib.). È sempre una storia che salva.

dalla presentazione di Alberto Bigarelli

 

l volume fornisce – attraverso un lavoro di esegesi scientifico e approfondito, e tuttavia ben comprensibile per ogni tipo di lettore – un quadro di come sia affrontato il problema e delle problematiche del racconto biblico.

Per l’Antico Testamento l’analisi ha affrontato la storia di Giuseppe (Gen 37-50), il quale deve vivere tante situazioni anche molto dolorose. Alla fine Giuseppe loda Dio (che mai interviene direttamente nel racconto), perché grazie a tutto ciò che gli è accaduto egli può salvare la sua famiglia. Il libro di Giuditta inscena lo scontro tra due divinità: il Dio di Israele e il re Nabucodonosor, la cui adorazione è incompatibile con Dio. Alla fine, Israele ottiene la vittoria per mano di una donna, Giuditta, la quale – sola – si mostra saggia e timorata di Dio.

Per il Nuovo Testamento si è visto che, all’inizio, viene proclamata la fede nella risurrezione del Cristo. I racconti nascono in seguito, per mostrare meglio il grande dono di fatto da Dio, con la evidenza che ogni evangelista sottolinea aspetti diversi, a seconda della propria visione teologica.

 

Il libro UN DIO DA RACCONTARE raccoglie tre conferenze tra Antico

e Nuovo Testamento:


DAL POZZO AL TRONO.

Il ciclo di Giuseppe (Gen 37-50)

di JEAN LOUIS SKA,

Professore emerito di Antico Testamento presso il “Pontificio istituto Biblico” di Roma;


UNA TESTA NELLA BISACCIA.

Il libro di Giuditta

di FLAVIO DALLA VECCHIA, Professore di Antico Testamento presso la “Università Cattolica del Sacro Cuore” di Brescia;


RACCONTI SULLA RISURREZIONE DI GESÙ.

Diversità e conflitti

di ERMENEGILDO MANICARDI, biblista, Vicario generale della diocesi di Carpi – Modena.