
Antiche, segrete creature
Racconti di scrittrici dal Risorgimento al primo Novecento
a cura di Gabriella Gianfelici e Simonetta Sambiase
Introduzione di Elena Bignami e Milva Maria Cappellini
Associazione Culturale Exosphere poesiArtEventi
Introduzione
Tre scrittrici nel proprio tempo, e oltre
Quando l’udinese Caterina Percoto muore, settantacinquenne, nel 1887, la veneziana Virginia Olper ha trentun anni anni, la pistoiese Leda Rafanelli ne ha sette. Quando muore Virginia, nel 1919, Leda ne ha quarantuno e davanti a sé ha più di mezzo secolo da vivere. Al di là della pura concatenazione anagrafica, però, tracciare una genealogia con soli tre elementi è certamente rischioso. Una linea che colleghi tre punti, infatti, rischia di essere in questo caso del tutto arbitraria. In geometria, si sa, per tre punti non allineati non passa alcuna retta: la linea che collega tre punti è di necessità spezzata oppure curva. Eppure una linea possiede una continuità e, quasi sempre, una direzione. Vediamo continuità e direzione se osserviamo queste tre esistenze adottando la prospettiva della linea del “tempo lungo” – dal Risorgimento alla Resistenza – nel corso del quale l’Italia, il paese in cui nascono e operano queste tre scrittrici, subisce profonde trasformazioni che incideranno in modo decisivo sulla partecipazione delle donne alla vita politica del paese. La spinta di queste innovazioni – ci si riferisce in primis alla diffusione dell’alfabetizzazione e alla massificazione dei movimenti prima e dei partiti poi: per esteso, si può parlare di “società di massa” – farà da volano per un protagonismo femminile che si è fatto trovare pronto al proprio appuntamento con la storia e che a sua volta determinerà ulteriori spinte in avanti, innescando un circolo virtuoso, seppur carsico, ancora in corso. In principio, poco sembra accomunare le tre donne: Caterina (1812-1887) è progenie di antica nobiltà terriera; educata in convento, viene poi costretta dalla madre a rompere con il giovane ebreo di cui si è innamorata. Virginia (1856-1919) nasce nel ghetto di Venezia, in seno all’agiata e colta borghesia ebraica lagunare. Leda (1880-1971) ha origini piccolo-borghesi, segnate da rovesci familiari e varie vicissitudini, tra spostamenti reali e viaggi sognati, ma con una costante: la passione e l’impegno per le parole (sarà tipografa, editrice e scrittrice ma soprattutto fervida lettrice). Eppure nelle loro biografie non mancano i tratti comuni, per esempio la collaborazione con periodici, nelle rispettive epoche autorevoli e avanzati quando non sovversivi: Percoto sulla triestina Favilla. Giornale di scienze, lettere, arti, varietà e teatri e su La Ricamatrice. Giornale di cose utili ed istruttive per le famiglie; Olper su La donna, su Natura e arte, su Vita italiana di Angelo De Gubernatis, sulla torinese Gazzetta letteraria, su La missione della donna e altre; Leda, esordiente ragazzina sull’Avanti! di Turati, su una miriade di testate di area libertaria. Tutte e tre, poi, scrivono opere narrative: nel 1858, Le Monnier pubblica il volume dei Racconti di Percoto, antesignana della letteratura rusticale; nel 1893, a Milano escono Racconti veneziani e novelle sentimentali di Olper; nei primi anni del Novecento, a Firenze, inizia per l’editore Nerbini la copiosa e variegata produzione narrativa di Rafanelli. Tutte e tre, inoltre, prendono la parola anche per sostenere idee di impegno e – ciascuna nel proprio tempo – di emancipazione: Percoto con le quattordici lettere pedagogiche, pubblicate nel 1858 con il titolo Una pagina del Giornale della zia (Corrispondenza d’un’Associata), nelle quali si riconoscono le tesi di Raffaello Lambruschini e le letture dell’Emilio di Rousseau; Olper già nel 1879, appena ventitreenne, in una lettera aperta a La missione della donna, in cui sostiene e propone il divorzio come «eroico rimedio», causando scandalo e polemiche, e ancora vent’anni dopo, in Il Movimento etico-sociale e l’Unione morale, su posizioni mazziniane ma con qualche sentore marxista, infine nel 1908 con La donna nella realtà, in cui pone la questione dei diritti (all’istruzione, al lavoro e all’indipendenza economica, all’equiparazione del salario) nonché del riconoscimento della donna come persona e perfino soggetto politico attivo. Per Leda, di nuovo, l’elenco di pubblicazioni (pamphlet, opuscoli, prefazioni e molto altro) sarebbe interminabile, in una lunga vita di militanza anarchica, dedicata, in particolare, all’attivismo antimilitarista e pacifista, all’anticolonialismo, all’autodeterminazio-ne della donna e alla libertà di pensiero - un'attività sempre rigorosamente svincolata da stereotipi cari a correnti e movimenti politici dell'epoca, femminismo e anarchismo inclusi. A questo punto, è forte la tentazione di intravedere, nei percorsi di vita e di scrittura di queste tre letterate, una retta ascendente: dal moderatismo politico e narrativo di Percoto (pure di recente accomunata a Pasolini, e non solo per la comune origine friulana), perfettamente risorgimentale e fervidamente patriottica, con le sue dolenti educande, le servette bambine, le novizie morte vergini, i poveri miti e onesti sui quali si abbattono disgrazie, la carità dei ricchi filantropi che alla fine scioglie il nodo della sventura; alla consapevolezza già matura di Olper, che sostiene «Ad ognuno il diritto di avere secondo il proprio bisogno, affinché ognuno produca secondo la sua capacità e qualità funzionale» e che nella Venezia tardo-ottocentesca dà voce, dopo un incipit ingannevolmente leggero, all’impiraperle Zanze e al suo destino di vittima stritolata nel viluppo doloroso e inestricabile tra questione femminile e questione sociale; fino alla instancabile militanza di Rafanelli, scrittrice che vive e testimonia e rappresenta pienamente il Novecento, anarchica e musulmana, fondatrice di riviste e guida di imprese editoriali, poligrafa inesauribile, legata, e insieme slegata, a personaggi di rilievo storico (dal futurista Carlo Carrà al Mussolini socialista massimalista – entrambi poi detestati per il loro interventismo e fascismo – passando attraverso l’editore anarchico individualista Giuseppe Monanni), e sul finire chiromante a Genova, e sempre e in ogni circostanza fedele al nome che si era data: Djali, “di se stessa”. Insomma, vite diverse e tempi lontani sebbene contigui, tempi appunto “lunghi”, che, storicizzando, evidenziano una comunità di intenti. La distanza è poi nelle scelte di stile, nelle strategie narrative: in duraturo odore di romanticismo le pagine di Percoto; illuminate da realismo vivido e da lancinante pessimismo quelle di Olper; ormai pienamente novecentesche (e forse oltre) quelle di Rafanelli, per la perizia nell’uso delle tecniche, comprese quelle della letteratura di massa piegate però, con chiarezza e intenzione, a trasmettere messaggi ideologicamente inequivocabili. E così la linea di cui si diceva all’inizio, serpentina o zigzagante, può trovare il proprio senso – non unidirezionale, non gerarchico, non totalitario – nell’itinerario di tre scrittrici capaci, ciascuna a proprio modo, di spingere lo sguardo e le parole nel proprio tempo e oltre.
di Elena Bignami - Milva Maria Cappellini
Reggio Emilia, febbraio 2025