IMPRESSIONI SU: LA FUGA DI ELIA di Paolo Cugini
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo, l'autore/autrice desidera rimanere anonima, ci sembra giusto rispettare la sua scelta
L’autore è un sacerdote cattolico. Come missionario fidei donum ha vissuto in Brasile per quindici anni, dedicando la sua vita agli ultimi, innamorato della Chiesa sudamericana, così vicina al Vangelo.
Dopo essere ritornato in Italia, spaesato, frastornato, deluso dalla realtà che trova nella sua terra, scrive La fuga di Elia, un capolavoro nato dalla rilettura della storia del grande profeta, con particolare attenzione alla sua fuga disperata nel deserto.
In realtà, la vicenda di Elia è solo un punto di partenza, un pretesto: in essa, immagine dopo immagine, prende forma, in filigrana, il vissuto interiore dell’autore, il suo sguardo sul mondo, il suo amore incondizionato per Gesù, “per la sua vita così vera, essenziale, così lontana dall’esteriorità, dal potere, dal costruito”.
Pennellate vivaci e piene di colore dipingono lo stato d’animo di Elia che non riesce più a far finta di nulla, non può più tollerare i soprusi sanguinari dei suoi sovrani, né la disumanità della religione in cui si ritrova a vivere.
La delusione cocente, il dolore sordo e disperato, la ribellione che prova sono gli stessi sentimenti dell’autore, di chiunque non si riconosca più nel mondo che lo circonda, nel ruolo che ricopre; di chiunque si senta ingannato, soffocato, ”ingabbiato” dentro una realtà e, soprattutto, dentro una religione in cui non riesce più a stare, perché “snaturata”, ridotta ad essere uno strumento di potere, di prepotenza, di ricchezza per pochi: un’impalcatura vuota, senza senso, lontana dall’uomo e totalmente priva di Dio.
La fuga è necessaria: occorre ritornare ad essere poveri, per essere veri; spogliarsi, prendere le distanze da tutto, anche da se stessi, per smascherare il falso che è dentro e fuori di sé.
Il deserto è il luogo del silenzio, dell’arsura, della povertà. Occorre attraversarlo per arrivare all’essenziale. E solo così poter riconoscere, finalmente, il vero volto di Dio. Percepire la Sua voce, nella delicatezza di una brezza leggera. “Lasciarsi trovare dal Suo sguardo, riuscire a lasciarsi guardare da Lui, e ritrovarsi in quello sguardo, per poter ritornare a vivere, ad essere fedeli alle scelte fatte”.
La Fuga di Elia è un volo inebriante, un canto di amore a Dio, appassionato, inarrestabile.
Raccoglie riflessioni straordinarie, scavate nel profondo. Così tanto da essere, alcune, vere e proprie visioni. Di fede, di coraggio, di autenticità.
Ha pagine incancellabili che sanno di Cielo: fiori stupendi, inaspettati, nati sui rami di un albero sferzato dal dubbio, dalla sofferenza, dalla vita quando diventa tale da fare paura. Sferzato fino a quasi spezzarsi, ma mai annientato: nel “deserto” ha saputo trovare nuove radici, ancora più forte e vigoroso di prima.
La Fuga di Elia è uno dei libri che amo di più. L’ho letto e riletto, negli anni, ogni volta con profonda emozione. Con lo stupore di scoprire luci e sfumature sempre nuove. Con la gratitudine e la commozione di chi ha la certezza di aver trovato un amico, che è amico di Dio.
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